C’è tanto da dire. E tanto si dice. Perché la questione è importante. Occorre dire/dirsi e occorre anche poi agire.
Quando affronto un tema importante ho bisogno di inquadrare la questione definendo la cornice entro la quale ci muoviamo, poi cercando quali sono i vari elementi che ne fanno parte e come si relazionano tra loro. Dicesi tecnologia… Già, accordiamoci su questo termine. L’etimologia della parola ci riporta al significato di “trattato sistematico sull’arte”. Spiazzante, no?
Ho cercato un po’ su internet e ho trovato interessanti informazioni che, in sintesi, mostrano l’evoluzione del termine. Dovrebbe essere una scienza che studia come potere realizzare tutti gli oggetti che noi usiamo ogni giorno.
In realtà nell’uso comune il termine indica gli oggetti prodotti. “Ci serve questa precisazione?” mi sono chiesta. Mi sono risposta che era utile, per fare chiarezza e trovare una risposta alla domanda iniziale. La parola tecnologia, oggi associata agli adolescenti di questa generazione, definisce un’area di significato coperta da parole come cellulari, social network, console di giochi e qualche applicazione di messaggistica istantanea. Questo elenco suscita pensieri ed emozioni, racconta di rischi e possibilità.
Ma se pensiamo alla parola senza collegarla agli adolescenti, quali parole compaiono? Lasciando vagare lo sguardo in casa, possiamo dire che la tecnologia ha prodotto il ferro da stiro, il televisore, la lavatrice, il minipimer, l’asciugacapelli, il recente robot aspirapolvere. Elettrodomestici. Oggetti che la tecnologia ha creato per facilitare alcuni compiti. Questo elenco suscita differenti pensieri, emozioni ed esperienze.
La tecnologia lavora per noi e diventa indispensabile. Dove sta il pericolo? A cosa ci riferiamo quando diciamo che la “tecnologia” è rischiosa?
Vediamo…Il ferro da stiro lasciato indisturbato può bruciare l’asse da stiro e ciò che stavamo stirando; se cade dell’acqua sul phon si rischia la folgorazione. Anche il cellulare può essere pericoloso: da stabilire ancora con chiarezza gli effetti delle sue onde a radiofrequenza sul cervello. Questi sono alcuni dei danni fisici che i prodotti della tecnologia possono causarci. Ci sono però anche altri tipi di danni.
Ad esempio i danni da dipendenza: chi di voi usa ancora il passaverdure? Diciamocelo, è stato soppiantato dal minipimer di cui non si può fare a meno. Chi farebbe a meno della lavatrice? Chi del cellulare? O della televisione?
Poi ci sono altri danni, più sottili da evidenziare. Alcuni strumenti tecnologici possono creare condizionamenti di opinioni ed abitudini. La radio prima e poi la televisione hanno suggestionato e condizionano ancora i nostri saperi e comportamenti con le loro informazioni. Condizionamenti che oggi proseguono attraverso il mondo di internet e dei social network.
Gli strumenti prodotti dalla tecnologia nascono per essere utili ma possono creare seri problemi, dipende da come si utilizzano. Che dite, vi ritrovate in questa affermazione?
Per me è importante la distinzione. Significa che per evitare i danni si può fare attenzione se l’utilizzo è corretto (non solo nel modo ma anche nella quantità). Ad esempio la playstation può essere uno strumento di divertimento tra amici ma è dannosa se la utilizzo così tanto da diventare l’unico modo di passare il mio tempo (anche senza amici). La televisione può informare e divertire ma è un serio problema se può sostituirsi alla comunicazione tra le persone o alla vita fuori di casa. Il discorso vale anche per gli strumenti tecnologici che utilizzano i nostri ragazzi? Secondo me, si. C’è un problema riguardante l’uso in termini di adeguatezza e di quantità, senza dubbio.
Come possiamo affrontare efficacemente questo problema? Partiamo dal cercare cosa ha reso possibile che arrivassimo a questo nodo.Ci sono diversi fili che lo compongono. Proviamo a guardarli insieme.
La generazione Z, i giovani di adesso per capirci, sono nati quando già la rivoluzione Internet aveva conquistato ogni campo e ogni luogo. Non conoscono un mondo “senza”. Sono stati definiti anche “I gen” (Internet generation) proprio perché nati dopo che era avvenuta la rivoluzione. Hanno ricevuto un cellulare smartphone dalle mani di genitori che lo stavano a loro volta utilizzando da poco e senza conoscerne pienamente le potenzialità in atto e quelle future. Molti ragazzi sono stati letteralmente babysitterati dal cellulare dei genitori più che da figure umane: è comodo, a portata di mano, economico ed efficacissimo.
Un filo del nodo è l’accesso facile e facilitato all’uso del cellulare inteso come giocattolo e miglior intrattenitore. Internet è la grande rivoluzione tecnologica e socio-culturale che connette ognuno ad una vasta serie di contenuti potenzialmente informativi e di servizi. E’ una grande opportunità e un altrettanto grande pericolosità. “La dipendenza da internet è oggetto di un’attenzione crescente da parte degli esperti. Riguarda un super investimento nelle attività online, che occupa il tempo e le energie dedicate alle altre attività della vita, accompagnandosi a incapacità di controllo, sintomi da astinenza e, talvolta, a fenomeni di ritiro dalla vita sociale. Internet può essere anche il veicolo attraverso il quale si sviluppano altre forme di dipendenza, come quella da relazioni virtuali, da ricerca ossessiva di informazioni sul web, dal commercio on line, dal sesso virtuale e dal gaming (videogiochi o giochi digitali).”
Ecco un altro filo: la presenza continua nelle nostre vite. Molto impegnativo, per tutti, limitarne l’uso. Gli strumenti di cui parliamo hanno una continua e velocissima evoluzione. Quando i primi genitori hanno messo tra le mani il cellulare o il tablet (o computer) dei loro figli era per fargli vedere i cartoni animati o far fare loro i giochi. Non erano così diffusi i social network e tanto meno così mirati per i ragazzi. “Attraverso i nuovi media, ragazzi e ragazze, hanno cominciato, probabilmente per la prima volta nella storia, a personalizzare l’uso di strumenti nati per gli adulti e a prendersi spazi inizialmente non destinati a loro, modificandoli e vivendoli al di fuori della supervisione degli adulti”
Hanno sviluppato cioè un’abitudine di utilizzo senza filtri critici né aiuti per valutare i rischi ai quali si stavano esponendo. Possiamo individuare un altro filo nella conoscenza e la pratica autonoma di come e cosa sia questo mondo.
Ecco, i ragazzi si trovano davanti a tutto questo. Hanno bisogno e diritto ad essere aiutati per non essere danneggiati. Quando famiglia e scuola non sono informate o adeguate ad assumersi il loro compito di accompagnamento (in generale nella vita e, nello specifico, in questo mondo virtuale) i ragazzi si ritrovano soli ad affrontare ciò che incontrano, senza nessuno che li aiuti a utilizzare uno sguardo critico su ciò che vedono o di cui vengono a conoscenza, a gestire i problemi man mano che si presentano prima che sia troppo difficile venirne fuori.
Intervenire per togliere loro il CellulareInternetSocial non può aiutare, anzi. Sapere di essere controllati o limitati stimola i ragazzi a diventare più abili nel seminarci e ingannarci. Si tratta della reazione “più me lo proibisci, più diventa fondamentale e lo faccio” (meccanismo della reattanza psicologica). Non otterrebbe il risultato desiderato (allontanarli dall’utilizzo) ma avrebbe l’importante effetto collaterale di minare la nostra relazione con loro. Voi sareste ben disposti verso qualcuno che controlla le vostre mosse e non si fida di voi?
Ma allora che fare? Innanzitutto facciamoci delle domande. Di nuovo le domande? Si, sono fondamentali per guardare con attenzione, per ascoltare, per osservare. Cominciamo.
A quale bisogno risponde l’utilizzo? Che cosa sta sostituendo? C’è chi utilizza il CellulareInternetSocial, esce con gli amici, legge, fa sport, cura i propri interessi e c’è chi non ha vita al di fuori del CellulareInternetSocial. Che cosa produce questa differenza di comportamento? Ci sono state e ci sono esperienze di socialità che hanno alimentato passioni/ stimoli culturali/ interessi? Hanno avuto e hanno oggi la possibilità di crearsi un mondo al di fuori di CellulareInternetSocial?
Quali informazioni noi adulti abbiamo riguardo a cosa utilizzano i nostri ragazzi? Conosciamo come funzionano i diversi social o quali siti preferiscono? Inoltre, quanto cerchiamo di sapere insieme ai nostri figli e quanto dai nostri figli?
Come stanno i nostri figli? Siamo in ascolto e osservazione di loro e dei loro cambiamenti? Quali difficoltà stanno affrontando e con quali risorse? Come possiamo essere loro di aiuto e sostegno?
Monitorarli (cioè osservare e ascoltare NON controllare o investigare eh!) per cogliere cambiamenti di umore o di comportamenti aiuta a sostenere l’ansia che può arrivare quando riceviamo terribili notizie di altri adolescenti sofferenti.
Come sta la nostra relazione con loro? Siamo ancora il porto che a loro disposizione mentre navigano (oggi più online che di persona) alla scoperta del mondo e dove poter tornare se hanno bisogno di aiuto?
Con queste risposte ognuno può creare la mappa della propria situazione: definire ciò che richiede manutenzione, quello che funziona bene e ciò che manca.
La nostra presenza, la nostra attenzione, la nostra curiosità e la nostra disponibilità (a farci raccontare ed insegnare dai ragazzi e dalle ragazze) possono costruire una rete potente e protettiva per bilanciare il potere fascinatorio di CellulareInternetSocial.